NAPOLI, gennaio.
Uno
spettacolo senza precedenti ci si presenta lungo le strade che conducono al
porto. Sono gli emigranti che arrivano su autocarri attrezzati alla bisogna,
pronti a imbarcarsi sul «Santa Croce» che salperà per l’Argentina.
Il
pensiero risale a tanti anni addietro, quando in lunghe miserabili teorie
questa povera gente nostra affluiva dai più lontani paesi col sacco a spalla e
il bordone del pellegrino: taluni scalzi, i più laceri, scarni, segnati dagli
stenti e dal dolore. La fame li aveva stanati dai focolari spenti dove i più
vecchi restavano ad attendere il tozzo di pane strappato in terra lontana da
chi aveva ancora muscoli, sudore e sangue per arricchire lo straniero.
Come
bestie, con lo stomaco stirato dai patimenti, giungevano qui a branchi, si
sdraiavano stracchi sui moli, in attesa della prima carcassa che li imbarcasse,
della prima ciurma che li gettasse in fondo ad una maleodorante stiva, donde
taluno risaliva a stento per guardare allontanarsi quella terra che lo
respingeva più con rancore che con nostalgia.
Non
sapevano più piangere, non sapevano pregare più: aridi gli occhi, freddo il
cuore. Erano i tempi della prima propaganda messianica: «La Patria è il mondo»
avevano predicato i demagoghi col cappellaccio sulle ventitré e la cravatta a
farfallone.
Così
partivano disperati, sebbene non riuscissero a far tacere una voce che saliva
dal profondo. C’era chi, per farla tacere del tutto quella voce, si metteva a
cantare: «Me ne vogl’i all’America — che sta lontana assaje — me ne vogl’i
addimane — nun voglio torna’ chiù…».
Molti,
troppi non tornavano più davvero, rami verdi staccati dal tronco che pian piano
intristiva…
Questo
autocarro che mi sta dinnanzi, porta membri di famiglie diverse. Ogni individuo
non è un numero, è un nome, e lo porta scritto sul bavero con un certo
sussiego. Dal vestito all’atteggiamento, ai volti traspare un’aria che, se non
è proprio di festa, certo è di raccoglimento, di tranquillità.
C’è,
sì, uno sguardo pensoso di donna che pare attaccarsi con tutta l’anima alla
terra che abbandona, ma quanto diversa è l’atmosfera in cui respirano questi
bimbi incappottati, questi adulti che sanno dove e come troveranno lavoro e
pane per i loro cari!
Si
sentono attesi, protetti, assistiti, ecco; e non solo materialmente, chè c’è
chi ha già pensato alla cura delle anime: troveranno di là dell’oceano lo
stesso Cuore umano e divino.
E
allora, anche se non rimpiangono troppo la Patria dilaniata dalle discordie
intestine, sanno che laggiù costruiranno un avvenire migliore per i suoi figli
e che la Patria risorgerà; la Patria non potrà morire finché ognuno, vicino o
lontano, la porterà in cuore con la Fede dei padri.
BENIGNO
18
gennaio 1948